27 giugno 1944
I partigiani Dino Garavaglia e Renzo Vignati uccisi al ponte di San Bernardino
La valorosa staffetta della 101^ e 182^ Brigata Garibaldi Piera Pattani il 20 agosto 2013 ha visto esaudito un suo grande desiderio: dare un nome a tre partigiani.
Già perché a Legnano c’erano tre vie dedicate a loro ma vi erano indicati solo i cognomi e non c’era nemmeno scritto sotto che si trattava di partigiani. Giustamente Piera in quell’occasione osservò: “E' da anni che desideravo che queste tre persone, morte giovanissime, venissero ricordate come si deve. Di Vignati, Garavaglia e Bottini, in città, ve ne sono tanti, ma loro erano unici, così come tutti coloro che hanno partecipato alla lotta di Resistenza. Quello era un movimento composto da molti giovani e ognuno di loro andrebbe ricordato. La Resistenza l’ha fatta il popolo, l’abbiamo fatta in tanti: noi partigiani, ma anche i preti e le suore, i farmacisti, i medici e non solo".
Piera, che nel 1943 aveva appena sedici anni, faceva parte della 101^ Brigata Garibaldi SAP (Squadra di Azione Patriottica) “Giovanni Novara” che era costituita da tutti quei partigiani che avevano mantenuto una vita familiare normale, il proprio posto di lavoro e la propria abitazione e che, in base alle proprie capacità e disponibilità di tempo, si adoperavano in vario modo per la Resistenza.
SAP e GAP a Legnano
Le SAP erano in genere squadre piuttosto numerose. Il comandante generale della 101^ SAP è stato dapprincipio Bruno Feletti (Fontana), poi Giuseppe Marinoni (Costa-Negri) e dalla fine del 1944 Mario Cozzi (Pino) ma sotto di loro vi erano tutta una serie di comandanti, ciascuno con un gruppetto limitato di persone. A Legnano verso la fine del 1944 si raggiunsero per la SAP circa 700 tra uomini e donne e la 101^ SAP venne pertanto divisa in due gruppi di circa 350 unità, creando la 182^ Brigata Garibaldi SAP “Mauro Venegoni” in cui venne inserita Piera, in qualità non solo di staffetta ma anche di stretta collaboratrice del nuovo comandante della 101^ e 182^ SAP, Mario Cozzi.
Tuttavia il grosso del gruppo si limitava a compiti facili: faceva per lo più attività di supporto alle formazioni partigiane di montagna e ai GAP (Gruppo di Azione Patriottica) di città con medicine, vestiario o cibo e azioni di piccolo sabotaggio, alterazione e distruzione dei cartelli stradali, spargimento di chiodi a tre punte sulle principali strade di collegamento e propaganda in fabbrica, con brevi comizi e distribuzione di volantini, e fuori dalla fabbrica, attaccando ai muri di sera o di notte manifesti antifascisti. A Legnano era Piera la responsabile della distribuzione della stampa clandestina nelle fabbriche, stampa che andava lei stessa a recuperare a Milano direttamente dalla stamperia in via XXII Marzo, ed aveva anche fondato un gruppo di giovani, tredici donne e tredici uomini, che di notte uscivano a coppie per non dare nell’occhio e tracciavano scritte o attaccavano manifesti clandestini sui muri.
Più spesso i sappisti semplicemente non agivano ma si tenevano pronti ad intervenire in caso di necessità a salvaguardia della fabbrica contro eventuali aggressioni, razzie o tentativi di distruzione ad opera dei nazifascisti: in fondo era principalmente con questo scopo che le SAP erano nate, come “Squadre di difesa operaia”.
Ma per proteggere le fabbriche e gli operai erano necessarie le armi e pertanto in ogni SAP vi era una squadra di punta che agiva con metodi simili alle GAP e procurava le armi con disarmi (quasi sempre di repubblichini) o , più raramente, sequestri in fabbrica, o anche semplicemente acquistandole alla borsa nera da repubblichini consenzienti. Queste squadre di punta a Legnano si spingevano spesso anche in assalti a posti di blocco e scontri a fuoco con i fascisti allo scopo di tentare di eliminare fisicamente spie o brigatisti neri. Erano però pochi quelli che rischiavano così tanto.
Dino Garavaglia e Renzo Vignati
Dino Garavaglia e Renzo Vignati furono tra i primi, fin dal marzo 1943, ad entrare nel gruppo di antifascisti agli ordini di Arno Covini e, dopo l’armistizio, confluirono con il Covini nella Resistenza legnanese a fianco dei fratelli Venegoni, nel gruppo di punta di stampo gappistico della 101^ Brigata Garibaldi SAP.
Di disarmi di repubblichini la 101^ SAP ne aveva già compiuti parecchi, ma non sempre le cose andavano per il verso giusto.
Quel 27 giugno 1944
Il 27 giugno 1944 nei pressi del ponte della ferrovia di San Bernardino l’azione sembrava potersi concludere a favore del gruppo di partigiani invece la pattuglia fascista era troppo consistente per le loro forze e nello scontro a fuoco rimasero feriti quattro partigiani. Due riuscirono a fuggire, mentre Dino e Renzo, feriti gravemente, furono catturati dai fascisti. Ricoverati all’ospedale di Legnano,morirono poche ore dopo. Dino aveva diciotto anni, Renzo diciannove.
Piera Pattani aveva saputo che i fascisti volevano portar via subito i cadaveri, di nascosto, ma il primario Piccioni, che era dalla parte dei partigiani, si era fermamente opposto: “No! Qui restano! Qui si fanno le esequie! Perché qui è casa mia!”
Il funerale
Il giorno dei funerali, il 4 luglio, in un clima di forte tensione, i fascisti avevano permesso controvoglia le esequie pretendendo che però si svolgessero in forma del tutto privata. Invece c’era una gran folla con tante corone di fiori.
Don Francesco Cavallini (nella foto, ndr), assistente all’oratorio e coadiutore della chiesa dei SS. Martiri, la cui parrocchia all’epoca comprendeva tutto l’Oltrestazione, aveva fatto appena in tempo ad impartire la benedizione che i fascisti presero le bare e stavano per portarle via. Don Francesco si rifiutò: ”Questi ragazzi li ho battezzati in chiesa e in chiesa devono venire!”
Francesco Crespi, allora 17enne partigiano della 101^ GAP, raccontò nell’intervista (riportata nel libro “Giorni di Guerra”) il seguito della vicenda: “Allora ci facciamo avanti in otto o dieci, prendiamo le bare e le portiamo in Chiesa. All’uscita vediamo che i fascisti hanno messo le mitragliatrici sul piazzale. Don Francesco si mette davanti, fa uscire le donne, poi tutti assieme andiamo al cimitero, guardati a vista dai fascisti. Questo fatto mi ha colpito molto, perché nessuno, ne’ il prete ne’ la popolazione che ha partecipato al funerale hanno avuto paura dei fascisti e delle loro mitragliatrici.”
Più tardi cercheranno di bloccare queste persone che si erano esposte e il Crespi, con altri quattro o cinque, sarà costretto a scappare dal cimitero saltando poi la ferrovia.
Al funerale di Dino e Renzo aveva partecipato, nonostante il grave pericolo, anche Mauro Venegoni: era presente, venuto appositamente da Milano, camuffato e nascosto tra la gente, in via Gaeta, quella che costeggia sul lato occidentale la ferrovia e dove avrebbe transitato il corteo del funerale. Mauro era fermo presso la bilòria, cioè il ponte pedonale, che ora non esiste più, situato nelle immediate vicinanze della stazione ferroviaria, a proseguimento della viuzza che da piazza Monumento porta in stazione (via ora intitolata a Mauro Venegoni, così come il più noto tratto di via dell’Oltrestazione tra corso Italia e via Novara). Solo pochi partigiani, quelli che gli erano più intimi, lo hanno riconosciuto. Mauro ha rischiato la vita per onorare la morte dei due ragazzi!
Don Francesco quel giorno l’ebbe vinta, ma una settimana dopo verrà arrestato dai brigatisti neri della Aldo Resega di Legnano e rinchiuso nel carcere di San Vittore a Milano, da dove uscirà solo il 25 aprile 1945.
Un riconoscimento doveroso
Su Legnanonews leggiamo che nel primo pomeriggio del 20 agosto 2013 «il sindaco Alberto Centinaio ha condotto la tenace e battagliera Piera ad ammirare le nuove insegne che, da oggi, grazie anche al suo appello, si chiameranno vie "Dino Garavaglia", "Renzo Vignati" e "Renzo Bottini" e non più semplicemente "Garavaglia", "Vignati" e "Bottini"».
Il desiderio di Piera è giustamente esaudito, perché Dino e Renzo … "erano unici, così come tutti coloro che hanno partecipato alla lotta di Resistenza.”
Per saperne di più:
. Giorgio Vecchio, Nicoletta Bigatti e Alberto Centinaio, “Giorni di guerra. Legnano 1939-1945”, Eo Ipso, 2009
GRAZIE per averci raccontato una storia che purtroppo è sconosciuta ai più.attendo altri ricordi da Voi
RispondiEliminaVi ringrazio sono nipote di Renzo Vignati, voglio raccontare che dopo evento i Fascisti vennero nel nostro cortile misero sotto sopra tutto cortile,ma un quadro della Madonna sopra una porta, salvò tutti i parenti ,Fascisti non vedevano pa porta , non entrarono, nello scantinato vi erano tutti viveri per i Partigiani, La Madonna rese invisibile la porta ai Demoni Fascisti e Mafiosi .Ciò dimostra che Dio non ama chi fa del male come i Fadcisti ,Mafiosi.Sia ringraziato la Madonna buon Dio
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