mercoledì 15 aprile 2015

Giuseppe Rossato (Gelo), vice-comandante della 101^ Brigata Garibaldi GAP



Giuseppe Rossato (Gelo), vice-comandante della 101^ Brigata Garibaldi GAP


Sabato mattina, 21 marzo 2015, a Milano, al Campo Giuriati situato in zona Città Studi, all’interno del Campus Leonardo del Politecnico, è stato inaugurato un nuovo monumento donato dall’ANPI al Comune di Milano, che va a sostituire la vecchia stele inaugurata nel 1954, entrambi in memoria dei 15 giovani partigiani ivi fucilati in gennaio e marzo 1945.
Tra i fucilati al Campo Giuriati c’è un legnanese. Si tratta di Giuseppe Rossato, nato il 10 luglio 1922, entrato fin dalla sua costituzione, nel novembre 1943, nel gruppo che prenderà la denominazione di 101^ Brigata Garibaldi “Antonio Novara” GAP di Legnano-Mazzafame e Gorla Minore.
GAP significa Gruppo di Azione Patriottica e si trattava di gruppi costituiti da pochi elementi che vivevano in clandestinità ed effettuavano le azioni più rischiose e di stampo terroristico.
La 101^ GAP di Legnano risulta tra le formazioni garibaldine lombarde la più forte, meglio armata e con il maggior numero di azioni portate a termine contro i nazi-fascisti: famose a Legnano nel 1944 il deragliamento del treno merci alla stazione (marzo), l’attentato dinamitardo all’Albergo Mantegazza (4 novembre) ed il sequestro di quattro quintali di burro per i partigiani di montagna alla Centrale del Latte di via Montenevoso (21 ottobre), a cui vanno aggiunte infinite altre azioni a Legnano e in tutta la Valle Olona.
Comandante di questa formazione era Samuele Turconi, nome di battaglia “Sandro” (Alessandro Tosta era la sua falsa identità), nato il 30 marzo 1923, e vice-comandante era Giuseppe Rossato, che aveva scelto come nome di battaglia “Gelo”.
Durante la battaglia partigiana alla Mazzafame del 21 giugno 1944, quando in seguito ad una delazione circa trecento militi fascisti, tra cui la X-Mas e la PAI, provenienti da Busto Arsizio piombarono verso le nove di sera su una quindicina di partigiani, Giuseppe Rossato fu tra i partigiani che riuscirono verso l’alba seguente a sfuggire all’accerchiamento aprendosi un varco grazie anche alla copertura di fuoco con le ultime munizioni del comandante Turconi, gravemente ferito, e di altri tre partigiani, in seguito catturati dai fascisti.
Negli ultimi giorni di novembre, una giornata fredda ed uggiosa, Giuseppe Rossato si era recato ad un appuntamento in piazza Redentore a Legnano con Francesco Marcer, uno dei comandanti partigiani della 101^ Brigata Garibaldi SAP (Squadra di Azione Patriottica), cioè il gruppo, ben più numeroso, legato alle fabbriche, il cui scopo era sostanzialmente quello di preservare i macchinari e gli uomini dalla razzia che avevano intenzione di effettuare i nazisti inviando in Germania tutto ciò che poteva essere utile o avere un valore, nonché quello di raccogliere armi, medicine ed equipaggiamenti, distribuire la stampa clandestina, dirigere gli scioperi e preparare gli uomini per l’insurrezione finale, con una ridotta squadra di punta che effettuava azioni di stampo gappistico.
Marcer e Rossato vennero in quell’occasione arrestati, grazie ad una ben pagata delazione: dai documenti versati alla Fondazione ISEC (a Sesto San Giovanni) da Mario Cozzi (“Pino”), comandante nel 1945 della 101^ e 182^ Brigata Garibaldi SAP di Legnano, risulta infatti che tale C.V. (tralasciamo i dati anagrafici completi) “poliziotto già dipendente della Resega si vanta di avere ricevuto 10 mila lire per l’arresto di Rossato”.
Marcer, di debole costituzione, venne picchiato durante gli interrogatori, si sentì male e venne ricoverato, piantonato, nell’ospedale di Legnano da dove, complici i medici e gli infermieri, riuscì ad evadere calandosi con delle lenzuola da una finestrella del bagno e venne aiutato dai compagni partigiani a raggiungere un rifugio sicuro, continuando poi la sua lotta lontano da Legnano. Giuseppe Rossato invece venne portato al Comando della Polizia al “Circul di sciuri” in via Alberto da Giussano, ove attualmente ha sede il Bingo, e, portato nelle cantine a cui si accedeva da una botola nella prima stanza entrando sulla destra, torturato terribilmente.
Rossato venne in seguito recluso nelle carceri legnanesi di San Martino dove venne nuovamente torturato e messo a confronto con Francesca Mainini, la staffetta legnanese di collegamento col CLN (Comitato di Liberazione Nazionale) di Milano, valida collaboratrice in particolare di Samuele Turconi, arrestata e incarcerata al San Martino in seguito alle indagini sull’attentato all’Albergo Mantegazza, a cui aveva attivamente partecipato: le bombe erano state armate dal Turconi a casa sua e lei insieme ad Alba Lonati le aveva portate in una borsa nascondendole in un cespuglio nei pressi dell’Albergo, prelevate subito dopo, per effettuare l’attentato, dal Turconi stesso e da Giuseppe Marinoni (detto “Costa” e poi “Negri”), comandante della 101^ SAP proveniente da Milano.
Francesca Mainini descrisse così quell’incontro: «venni arrestata e sottoposta al confronto con un giovane compagno di lotta, Rossato, barbaramente torturato dai fascisti che gli avevano addirittura squarciato una gamba. I militi della Brigata Nera mi chiesero se conoscessi quel giovane. Io negai. Quel poveretto, irriconoscibile per le torture, mi disse “Guardami! No, non dire così Francesca!” … Per me continuarono gli interrogatori e non mancarono i maltrattamenti perché da me i fascisti volevano altri nomi. Io riuscii a non parlare» (in “Donne per la libertà” di A. Castiglioni e R. Formenti).
Anche Giuseppe Rossato riuscì a mantenere il silenzio e fu inviato a Milano al Carcere di San Vittore, nel raggio dei politici gestito direttamente dai tedeschi, e condannato a morte.
Il 14 gennaio 1945 Giuseppe venne fucilato al Campo Giuriati, a Milano, con altri otto compagni come rappresaglia alle azioni partigiane; aveva 23 anni e gli altri erano più giovani di lui. Questi i loro nomi: Renato Bazzoni, Renzo Botta, Arturo Capecchi, Roberto Giardino, Attilio Folli, Roberto Ricotti, Luciano Rossi e Gian Carlo Serrani.
Così titolava il Corriere della Sera il giorno successivo nella pagina della cronaca cittadina: “Dodici terroristi condannati a morte. Nove giustiziati. Tre graziati dal Duce”.
Dopo la Liberazione il corpo di Giuseppe venne recuperato dalla fossa comune nel cimitero di Musocco a Milano e vennero effettuati solenni funerali a Legnano il 1° maggio, partendo dalla Scuola Carducci che era stata in quel periodo trasformata in caserma partigiana. Giuseppe ora riposa al Campo dei Partigiani al Cimitero Monumentale di Legnano.
Renata Pasquetto e Giancarlo Restelli

Dedicato a tutti i partigiani di Legnano
https://www.youtube.com/watch?v=W50oulSj5cA
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