giovedì 23 aprile 2015

Legnano 25 Aprile: i giorni della Liberazione - 1° parte



25 Aprile: i giorni della Liberazione


Legnano, 25 Aprile 1945
I giorni della Liberazione

I fratelli Venegoni
Il 1945 a Legnano è iniziato disastrosamente per quanto riguarda la Resistenza. Infatti tutti i principali protagonisti erano stati catturati, incarcerati, inviati nel lager, fucilati o costretti a continuare la loro lotta altrove.
Dei quattro fratelli Venegoni, i principali animatori dell’antifascismo e della Resistenza in tutta la valle Olona, nessuno era più a Legnano nel 1945.
Il primo a cadere nelle mani dei fascisti era stato Guido, a luglio ’44, arrestato per aver diffuso nelle fabbriche “La Guardia rossa”, uno dei giornali clandestini stampato dal loro gruppo autonomo.
Il 5 agosto viene arrestato il fratello Pierino, portato alla famigerata caserma della Muti di via Rovello a Milano, tristemente famosa. Pierino ha resistito a dieci giorni di terribili torture senza aprire bocca e verrà inviato in Germania nel campo di lavoro di Jikdorf, da dove riuscirà a fuggire solo gli ultimi giorni di guerra.
Il 28 agosto 1944 è arrestato anche Carlo, sorpreso in una tipografia di Milano dove stava preparando una nuova edizione dell’Unità clandestina: viene portato al carcere di San Vittore a Milano e da lì, il 7 settembre, internato nel campo di prigionia di Bolzano-Gries. Lì, nel lager, Carlo organizza con Ada Buffulini che diventerà sua moglie, ed altri un comitato di Resistenza interna. Rimane in contatto clandestinamente con gli amici di Legnano e con loro organizza la propria fuga.
Il 29 ottobre Carlo riesce ad incontrarsi col fratello Mauro, in un recapito a Milano in Corso Buenos Aires 1. Sarà l’ultima volta che si vedono. Mauro deve fuggire e decide di tornare verso Legnano e Busto. Casualmente, il giorno successivo, il 30 ottobre, Mauro viene arrestato e condotto alla caserma della Brigata Nera di Busto Arsizio, ma ha con sé documenti falsi. Viene interrogato e anche torturato ma a un certo punto uno lo riconosce per quello che è, il Mauro Venegoni che da tempo vorrebbero avere fra le mani: per lui è finita. Lungamente e orribilmente torturato, Mauro non dice una parola. La notte del 31 ottobre lo scaraventeranno lungo la strada per Cassano Magnago e lo finiranno con due colpi alla nuca. A Mauro verrà conferita una medaglia d’oro alla memoria.
Guido era riuscito a fuggire ma l’11 novembre viene nuovamente arrestato a Vimercate. Aveva documenti falsi ma è stato riconosciuto. Il Montagnoli, capo delle Brigate Nere di Legnano lo ha prelevato: avevano già approntato tutto per la fucilazione pubblica di Guido in piazza San Magno a Legnano ma non hanno potuto portarla a termine: l’ondata di sdegno per la morte di Mauro è stata tale che gli stessi componenti del plotone di esecuzione non hanno avuto il coraggio di sparare. Guido Venegoni riesce poi rocambolescamente a fuggire e continua la lotta al comando della sua 181^ Brigata Garibaldi, nel cuneese.
Carlo Venegoni, braccato dai fascisti, a novembre viene inviato dal Partito a Genova come responsabile delle SAP di Genova Centro e continua lì la sua lotta.
Altri partigiani di Legnano avevano dovuto fuggire e continuare altrove la loro lotta.
Samuele Turconi
Anche i partigiani di città vengono rastrellati. Legnano non è una Repubblica partigiana, è lontana dalle montagne ma i partigiani di Legnano aiutano quelli di montagna, recuperano e inviano loro armi, medicinali, soldi e viveri, fanno deragliare i treni merci per bloccare la circolazione, a novembre la 101^ Brigata Garibaldi di Samuele Turconi fa deragliare un treno di repubblichini della divisione Monte Rosa in viaggio verso la Val d’Ossola per un rastrellamento. I partigiani di Legnano danno fastidio, molto fastidio. I nazifascisti hanno l’opportunità e le motivazioni per intensificare le pressioni sui partigiani, anche a Legnano.
Anche il comandante Samuele Turconi a fine novembre ’44 si allontanò da Legnano. La GAP (Gruppo di Azione Patriottica, partigiani che vivevano in clandestinità ed effettuavano le azioni più rischiose) di Samuele era, secondo le statistiche delle Brigate Garibaldi, quella meglio armata, più forte ed efficiente perlomeno di tutta la Lombardia. La Volante Servadei delle formazioni piemontesi di Moscatelli aveva richiesto esplicitamente in prestito Samuele tramite il CLN di Milano in qualità di comandante esperto per una missione di un paio di settimane particolarmente difficile e delicata nel varesotto.
L’11 dicembre una delazione portò al suo arresto. Samuele aveva documenti falsi ma, durante le torture ad opera del Capitano Zambon e dei suoi uomini nella sede delle Brigate Nere di Varese, Samuele viene riconosciuto da un fascista legnanese e la situazione peggiora. Incarcerato a Varese viene torturato dalle SS ogni notte per 8-12 ore filate senza tregua né pietà fino alla mattina del 25 dicembre. Non parla. A febbraio 1945 viene inviato con altri al carcere milanese di San Vittore, condannato a morte, a fucilazione per rappresaglia con scelta a sorteggio. Samuele Turconi sarà fortunato e il pomeriggio del 24 aprile 1945 sarà ancora vivo.
Dalle formazioni di montagna di Moscatelli in quel novembre 1944 è arrivato a Legnano Mario Cozzi, noto col nome di battaglia di “Pino”. Il Cozzi ha avuto ordine dal CLN di prendere il comando della 101^ Brigata rimasta orfana di comandanti e anche della 182^ Brigata Garibaldi Mauro Venegoni che si era formata per scissione della 101^ diventata troppo numerosa. La giovane staffetta 17enne Piera Pattani è passata alla 182^ ed è diventata la collaboratrice più stretta di Mario Cozzi.
Garibaldini e cattolici a Legnano
Nella primavera del 1945 erano presenti quindi a Legnano due formazioni garibaldine ed una cattolica.
La 101^ Garibaldi con 8 distaccamenti (Franco Tosi, Brusadelli, Castellanza, Rescaldina, San Vittore, Cerro Maggiore, Cantalupo).
La 182^ Garibaldi con 9 distaccamenti (campagne della Valle Olona, Wolsit, Canegrate, Parabiago, Busto Garolfo, San Giorgio e Villa Cortese, Dairago, la ditta Safar).
Le formazioni cattoliche erano state conglobate nella Divisione Alto Milanese del Raggruppamento Divisioni Patrioti “Alfredo Di Dio” (Comandante Eugenio Cefis, vice-comandante il futuro ministro Giovanni Marcora) con varie Brigate tra cui la “Carroccio” che operava nella zona tra Saronno e Parabiago ed operava a Legnano. La Carroccio a Legnano aveva come membri di spicco Don Carlo Riva, Anacleto Tenconi, Alberto Tagliaferri. Comandante Bruno Meraviglia.
Il 9 aprile finalmente gli angloamericani riescono a sfondare la Linea Gotica. C’è nell’aria la sensazione che ormai sia questione di poco: tedeschi e fascisti hanno perso e si preoccupano solo di ritirarsi col minore dei danni, magari però distruggendo fabbriche e impianti elettrici prima di lasciare l’Italia. I partigiani si preoccupano che queste distruzioni non avvengano e gli operai si schierano pertanto ancora più decisamente dalla loro parte. Anche a Legnano i rapporti di forze pertanto mutano.
Il 10 aprile il Partito Comunista dirama le “Direttive n 16 del PCI per l’insurrezione” a firma Luigi Longo. Il 21 aprile il CLN Alta Italia dirama anch’esso le “Direttive per l’insurrezione nazionale” con le istruzioni per la realizzazione dello sciopero nazionale
Alla vigilia dell’insurrezione i partigiani di entrambi gli schieramenti erano abbastanza numerosi ma con un armamento del tutto insufficiente. Per la Carroccio solo uno su 5 aveva un’arma.
Le forze nazifasciste potevano contare su 290 uomini in Legnano, più un centinaio nei paesi limitrofi. Rispetto ai partigiani erano di meno ma molto ben equipaggiati con anche armamenti pesanti.
I partigiani non intendevano fermarsi di fronte a questo. Nella relazione delle Garibaldi si legge “…anche noi sentivamo che era imminente il crollo ed è ben per questo che dal primo di marzo al 25 aprile ci gettammo nella lotta per non dare più tregua ai nostri nemici…”
E i nazifascisti erano in genere piuttosto demotivati.
24 aprile
24 aprile 1945. A Legnano arriva una staffetta. E’ mezzogiorno e la staffetta si dirige alla casa del Don Carlo, all’oratorio di San Domenico. Lì è riunito un gruppo di partigiani della Carroccio: “Una tradotta con un forte contingente di militari fascisti arriverà verso sera alla stazione di Legnano con provenienza Milano”.
I partigiani decidono. “Bisogna quindi attaccare. Il presidio fascista di Legnano non deve essere assolutamente rafforzato con questi nuovi reparti!” Il comando unificato, Carroccio, 101^ Garibaldi e 182^ Garibaldi, impartisce ordini perché i partigiani prendano posizione.
Intanto, al carcere di San Vittore a Milano, alle tre del pomeriggio una guardia entra nella cella del comandante della 101^ Brigata Garibaldi GAP Samuele Turconi, gli getta del cemento addosso e gli ordina di scendere in cortile e dirigersi verso il passo carraio. Il partigiano è convinto che la guardia voglia fargli un brutto scherzo e farlo fucilare dalle guardie tedesche piazzate sopra il cancello di piazza Filangeri. Invece Samuele viene fatto fuggire e torna a piedi a Legnano, giungendovi all’alba del 25 aprile, giusto in tempo per riprendere il suo posto di comando nella lotta armata.
Nel tardo pomeriggio un’altra staffetta porta a Legnano il contrordine: i fascisti hanno preso un’altra strada. Ma il comando è deciso: “Ormai siamo pronti. Non ci si ferma più!
Attorno alle dieci di sera un gruppo di garibaldini della 182^ attacca a Canegrate le “Cascinette” un posto di blocco dove era insediato un presidio tedesco con un’importante stazione radio. Lo scontro fu durissimo e si concluse con la morte di tre tedeschi ed il ferimento di altri quattro, tra cui due ufficiali. La stazione radio fu messa fuori uso, impedendo quindi ai tedeschi le comunicazioni.
Contemporaneamente 24 uomini della Carroccio comandati da Alberto Tagliaferri attaccano due posti di blocco tedeschi situati presso il casello dell’autostrada. Liberata la via attaccano la caserma di viale Cadorna. Era importante conquistare la caserma in quanto in essa vi era un arsenale di armi che sarebbero state utilissime ai partigiani, che di armi ne avevano sempre poche. Secondo un rapporto del 5 marzo 1945 di Bruno Meraviglia (Tenente Angelo) della Carroccio nella caserma si trovavano 30.000 fucili e moschetti, 50 cannoni di vario calibro, 500 armi automatiche (mitragliatrici e fucili mitragliatori) con abbondanti munizioni. La resistenza dei tedeschi è stata ostica e tra i partigiani ci sono stati due morti e 5 feriti.
A un certo punto i tedeschi hanno deciso di uscire dal passo carraio del retro e dirigersi in parte verso l’altra caserma presso il poligono di tiro nei pressi dell’autostrada da dove fanno partire una sparatoria per bloccare la strada agli insorti e in parte presso il loro comando nella palazzina della GIL (la Casa del Balilla) in via Milano.
Gli uomini di Tagliaferri prendono possesso della caserma e vi passano la notte.
La 17enne staffetta Piera Pattani un mese prima aveva lasciato il lavoro per aiutare ad organizzare l’insurrezione il comandante delle formazioni legnanesi 101^ e 182^ Brigata Garibaldi SAP, Mario Cozzi (detto “Pino”). Piera è ancora oggi emozionata: “Mi ricordo che la notte del 24 aprile c’è venuto il mio Comandante, m’ha detto “Piera, oggi è arrivato il momento!” Pensi che son partita da Legnano, sono andata a Gorla Maggiore. Da Gorla Maggiore, man mano che venivo in giù, Gorla Minore… e… si mettevan insieme tutti. Sono arrivata a Legnano, alle stanghe – che adesso han tirato via - … tutta la gente della Valle Olona! Tutti! Tutti son venuti giù perché il 25 aprile era arrivato!
25 aprile
Siamo al 25 aprile 1945. Alle prime ore del mattino i tedeschi tornano in forze dalla via Milano ed assediano i partigiani all’interno della caserma. A un certo punto i tedeschi ripiegano e si spostano verso la caserma vicino all’autostrada e da lì con automezzi ed il grosso del materiale bellico imboccano l’autostrada verso Busto, prendendo poi posizione presso la Cascina Olmina.
Nel frattempo, alle 7.00 i garibaldini conquistano la scuola Carducci, in cui si era insediato un gruppo di avieri fascisti. E’ l’unico episodio in cui le forze fasciste hanno reagito attaccando con un camioncino, una mitragliatrice pesante ed una dozzina di uomini armati di mitra. Muoiono due uomini delle Brigate Nere. La scuola diventa la caserma dei partigiani.
Intanto in chiesa a San Domenico arriva trafelata una staffetta che parla col don Carlo. Don Giuseppe Longoni ricorda: “Parlarono velocemente tra loro e vidi don Carlo, senza proferirmi parola, abbandonare precipitosamente la chiesa. Mi riferirono poi che si era recato in oratorio dove lo attendeva un gruppo di partigiani e che armato di fucile mitragliatore aveva inforcato la bicicletta per una destinazione che non conobbi”. Si sono recati alle carceri di San Martino di Legnano a liberare i prigionieri politici.
Alle 9.00 viene attaccata la caserma della RSI e dei Carabinieri in via dei Mille (attualmente la sede decentrata della Provincia di Milano) e viene conquistata. Vi si installa il quartier generale del CLN legnanese.
All’Olmina i partigiani garibaldini attaccano l’autocolonna tedesca che si è insediata presso il casello dell’autostrada. Dalla Caserma Carducci vengono inviati rinforzi ai due caselli dell’autostrada all’Olmina e anche alla Canazza, dove al comando dell’azzurro (della formazione cattolica Carroccio) Alberto Tagliaferri e del garibaldino Samuele Turconi, si continua a sparare. All’Olmina la sparatoria dura un’ora e mezza, finchè viene circondato un palazzo in cui si sono asserragliati i tedeschi. Questi sventolano una bandiera bianca. I partigiani si avvicinano e i tedeschi fanno fuoco uccidendo tre partigiani: Ermenegildo Monticelli, Ernesto Pinciroli, Luigi Ciapparelli. I tedeschi alla fine fuggono ma 2 rimangono uccisi e 6 vengono catturati ed i partigiani resistono a fatica alla tentazione di fucilarli sul posto per l’inganno. Si limitano a far fare loro tutta la via Barbara Melzi a calci nel fondoschiena.
La GIL è saldamente in mano ai tedeschi, il Comune ed il Palazzo Littorio in mano ai fascisti.
Alle 10.30 entrano nel palazzo del Comune solo tre esponenti della Resistenza (il funzionario comunale Franco Calcaterra, il dipendente della Franco Tosi Giuseppe Rigo e Stefano Ubezio). I tre vengono respinti dagli agenti di polizia comandati dal commissario Andrea Santini. Ai partigiani si unisce Anacleto Tenconi, che in base agli accordi già presi, sarebbe dovuto diventare il primo sindaco di Legnano libera.
In contemporanea arrivano verso Legnano due colonne motorizzate, una di tedeschi arriva dall’autostrada, una mista di tedeschi e fascisti dal Sempione. Quella sul Sempione viene rallentata dagli attacchi dei garibaldini della 101^ e 182^ a San Lorenzo, Cerro e San Vittore. A Legnano viene rafforzata la linea difensiva che va dalla caserma di viale Cadorna verso le officine Ranzi e Gianazza (all’incrocio con il Sempione) e su vialeToselli verso il Castello e la strada per Canegrate.
Gli scontri si accendevano furiosi in tutta Legnano. Annota mons. Virgilio Cappelletti “La popolazione gira rara e circospetta. Le finestre sono chiuse e dietro le griglie guardano occhi curiosi. Non si ha ancora l’idea esatta di ciò che sta succedendo”
I genitori e parenti vanno nelle scuole a riprendersi i bambini. Una maestra annota ”Assolutamente vogliono le bambine, perché sono arrivati i partigiani e più nessuno può circolare dopo le 11. Non mi oppongo perché vedo il ritorno degli operai e sento degli spari; in poco tempo rimango sola. Sono le undici: anch’io ritorno a casa”.
Qualcun altro sta ritornando a casa in quella mattina. E’ il feretro di Angelo Montagnoli, comandante della Brigate Nere legnanesi, morto durante un combattimento a Castellanza nel pomeriggio del 23 aprile. Erano previsti funerali solenni proprio per il giorno 25 aprile ed il corpo del Montagnoli era stato portato alla GIL, la casa del Balilla, da cui sarebbe partito il funerale. E’ invece partito un camioncino quasi di nascosto che ha portato il cadavere a casa Montagnoli e da lì al cimitero, per una veloce e molto intima benedizione, presente il Prevosto Mons. Cappelletti.
In tarda mattinata si arrendono i repubblichini di via Alberto da Giussano e della Caserma Resega di via Tosi. Anche la piscina è in mano ai partigiani.
Monsignor Cappelletti annota: “Ore 12.00. Mons. Prevosto si è portato nel rione dei Ss. Martiri per trasportare un altro ferito grave. E’ un fascista, le truppe partigiane non glielo consegnano” E’ ferito ad una gamba. Si tratta del capitano delle Brigate Nere Arturo Sesler, che verrà ricoverato in ospedale dai partigiani stessi. “I partigiani hanno occupato tutto il Sempione, l’Ospedale e i gangli vitali della città”.
Alla Canazza servono rinforzi e Mario Cozzi li manda a chiamare. Erano circa le ore 12.30. Sono partiti in 23 o 24 garibaldini dalla piazza di Gorla Maggiore con un camion della ditta Cerini di Castellanza. Avevano percorso circa un chilometro in direzione di Legnano, quando, in via Garibaldi a Gorla Minore, nei pressi della Cascina San Giulio, di fronte al cimitero, due aerei “Pippo”, Spitfire alleati, sorvolano a volo radente. I partigiani dal camion si sbracciano e sparano in aria per salutare. Il primo aereo si abbassa e mitraglia, centrando in pieno il camion: 13 morti, 8 feriti gravi o mutilati. Tra essi alcuni partigiani della 101^ GAP di Samuele Turconi. Il Tanèla (Carlo Scandroglio) e l’Angelino Pisani sono morti quel giorno, il Sandrino (Alessandro Montani) tre o quattro mesi dopo per le conseguenze: erano tra i più fidati amici di Samuele, autori con lui, in squadra formata da loro quattro, di innumerevoli audaci azioni contro i nazifascisti.
Su questo fatto si parlerà in paese, a Gorla Maggiore, per molti anni, tutti si chiesero, quale equivoco, può aver indotto un pilota amico a sparare su un gruppo di Patrioti esultanti. Il solo equivoco fu quello che ovunque, nelle città del nord, si combatteva ma i Comandi alleati seppero solo alle ore 20.00 del 25 aprile che l’Italia era insorta, quindi per Pippo quello era un camion nemico. Non dobbiamo dimenticare che Legnano è insorta per prima alla sera del 24 aprile, Busto con la Valle Olona è insorta alle ore 9.00 del 25 aprile 1945, mentre i primi movimenti insurrezionali in Milano vennero ordinati dal CLN a partire dalle ore 13.00 del 25 aprile e a Torino dall’1.00 del 26.
Verso le 14.00 di quel 25 aprile dopo trattative cedono le armi anche i repubblichini di Palazzo Littorio (l’attuale Palazzo Italia) e da lì i partigiani si spostano a dare manforte ai loro compagni in Comune dove sullo scalone si era accesa una furiosa sparatoria, testimoniata dai segni delle revolverate visibili fino a qualche anno fa. Anche il Comune passa nelle mani dei partigiani e Tenconi assume le funzioni di sindaco, indossa la fascia tricolore e si porta al Comando militare in via Dei Mille.
Nel primo pomeriggio i tedeschi dalla GIL si spostano verso il centro occupando temporaneamente piazza San Magno, nel tentativo di dividere la città e impedire le comunicazioni tra partigiani e comando. L’offensiva aveva un fondamento. Se Busto era in mano ai partigiani, Rho e Milano erano ancora saldamente in mano a fascisti e tedeschi ed era in marcia verso Legnano una colonna tedesca di rinforzo partita la mattina da Milano. I tedeschi della GIL questo lo sapevano. Un’altra cosa però non sapevano: alle 18.00 arriva alla caserma di via dei Mille, cioè al quartier generale dei partigiani, una inaspettata telefonata: “Gli attesi rinforzi sono alle porte di Legnano!”. La telefonata è stata fatta dai tedeschi della GIL che sapevano della colonna in arrivo ma non sapevano che in via dei Mille i fascisti si erano arresi ore prima.
Del resto uno degli ex-partigiani che frequentano l’ANPI legnanese mi ha detto che in quelle ore era tutto così convulso che non ci si capiva più niente. Né da parte partigiana né a quanto pare nemmeno da parte tedesca.
Di lì a poco iniziarono violenti gli scontri lungo la linea difensiva partigiana di viale Cadorna. La conquista delle varie caserme aveva dotato i partigiani di numerose armi e delle mitragliatrici erano state piazzate anche sui tetti. I partigiani resistettero ai tedeschi, i quali furono costretti a rifugiarsi nelle varie fabbriche della zona. Ma si sparava ancora anche alla caserma all’entrata dell’autostrada. E’ in questo contesto che è stato ferito il comandante della Carroccio Alberto Tagliaferri, nei pressi del sanatorio.
Nella sera i tedeschi alla GIL accettano di iniziare le trattative con il comandante della Carroccio Bruno Meraviglia in tarda serata si arrendono.
Da Milano, dove si è diffusa la notizia della reazione avvenuta nel legnanese, colonne di nazisti e fascisti partono per andare in aiuto dei loro compagni e imboccano gli uni l'autostrada dei Laghi, gli altri il Sempione, ma verranno fermati a Rho, dove inizierà uno scontro molto violento.
I combattimenti continuano tra Legnano e San Vittore Olona, all’altezza del calzaturificio Ecclesia, di fronte alla ditta Gianazza, all’incrocio Sempione-Toselli, e si trasformano in una guerriglia di posizione che si protrae fino a notte inoltrata.
Il 25 aprile si chiude con una situazione molto favorevole ai partigiani legnanesi, tuttavia vi sono ancora ingenti forze naziste all’entrata dell’autostrada e soprattutto all’incrocio Sempione-Toselli. E forti gruppi di fascisti sono affluiti a San Vittore.
Renata Pasquetto e Giancarlo Restelli

Per saperne di più
Maggiori particolari e fotografie a questo link:
https://drive.google.com/file/d/0B2oiTbuM9ihjbjdXczR3R3pPam8/view?usp=sharing 
Documenti del Fondo Cozzi e del Comune di Legnano a questo link:https://drive.google.com/file/d/0B2oiTbuM9ihjS3hvbGpuMDgtbkk/view?usp=sharing
Le tombe dei partigiani legnanesi: https://youtu.be/W50oulSj5cA

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